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Salute e legami affettivi
Una conferma davvero sorprendente
All’ Università di Harvard (USA), nel 1938 è stato avviato l’ “Harvard Study of Adult Development” (Studio Harvard sullo Sviluppo degli Adulti), consistente nel monitoraggio della salute di 268 studenti del secondo anno di studi, per conoscere cosa aiuta a condurre una vita sana e serena.
I soggetti inseriti nello studio sono stati sottoposti periodicamente, negli anni a seguire, a esami e controlli di varia natura.
Lo studio, dopo 80 anni, è tuttora in corso e attualmente ad essere monitorati sono i figli e i figli dei figli di quei 268 studenti, alcuni dei quali sono ancora in vita, una decina, ormai ultranovantenni.
Ma che cosa è emerso dai numerosissimi dati raccolti in 80 anni nel “Grant”, come è stato denominato lo studio?
Naturalmente è stato ampiamente confermato che, per invecchiare bene, è importante non fumare, fare un uso moderato di alcool, mantenere un livello basso di colesterolo, svolgere regolarmente attività fisica, ecc. .
Ma da, ”Harvard Study” risulta che ad assicurare un invecchiamento migliore, sono soprattutto i rapporti affettivi, le relazioni affettive forti e stabili, familiari e amicali, più delle buone abitudini di vita che i medici, tanto e giustamente, ci raccomandano .
Tutto ciò è, a dir poco , sorprendente!
Infatti non è un mistero che una rete di relazioni positive con gli altri sia un fattore importante del benessere psicologico che, come sappiamo bene, è una componente irrinunciabile della salute dell’individuo.
(Chi volesse approfondire l’argomento, può leggere il mio articolo “Qualità di Vita e benessere psicologico”).
Ma rilevare in uno studio longitudinale di 80 anni , che gli affetti contano per la salute più della pressione e del colesterolo, non era mai accaduto; a tanto nessuno si era spinto ad affermare!
Ovviamente, al momento non é stato chiarito attraverso quali meccanismi è stato possibile questo “salto”, dalle emozioni e dai sentimenti all’Io organico, all’ Io corporeo, assicurandogli una migliore condizione di vita..
Ma il “salto” è incomprensibile solo per coloro che ostinatamente continuano a pensare a “una mente divisa e separata dal corpo”, come purtroppo avviene dai tempi del filosofo francese Cartesio (1596 -
In realtà l’individuo è “mente” e “corpo” al contempo; tra la prima e il secondo c’è continuità, copresenza, reciprocità.
Se da decenni ormai si conoscono le malattie psicosomatiche, malattie riconducibili a stati emozionali problematici e irrisolti o a traumi riportati nel corso della vita, perché dovrebbe essere impensabile il contrario, ossia un influsso positivo sulla salute fisica, determinato e favorito da una condizione affettiva personale ricca e positiva come accade quando siamo al centro di una rete di affetti reali, intensi e rassicuranti?
Preciso: affetti reali, non virtuali!
Non penso proprio che per rete di relazioni, possiamo intendere i contatti sui social, oggi così tanto in voga, ma così chiaramente vuoti dal punto di vista relazionale.